Sto cercando delle riflessioni sul nostro modo di fare musica: quella via di mezzo tra espressività diretta, automatica direbbe Breton (surrealisti), improvvisazione jazzistica e creazione di pura arte senza fronzoli convenzionali. Perché se l'arte musicale ha lasciato il campo (Per Adorno il compositore non vive più con la sua arte) se anche il collettivo non è proprio composto da compositori di conservatorio, possiamo forse ritenerci musici che creano i propri manufatti.
Dopo aver ascoltato 9 cd "fusion", non mi è difficile capire la differenza con ciò che ascolto alla radio. Nei mezzi di comunicazione si ascoltano brani-canzoni, preparate lungo mesi, in cui ogni suono è studiato a tavolino con grande fatica di chi compone in funzione del prodotto. Difficile conciliare produzione e espressività. Ma questo non mi basta. Non mi basta sapere che mi ritrovo in un modo di suonare finalmente libero. Vorrei riflettere sul modo, le sfumature, anche teoriche, ma soprattutto pratiche di questa modalità. Libertà, espressività emozionale, risposta interattiva, collaborazione nell'intreccio, formulazioni nuove!
Vale la pena pensarci? Spero di si perché prima di tutto suonare è tecnica al servizio dell'emotività o della paranoia, come volete. Vale la pena perché di questo si può dialogare.
Condensa surreale
Sonaglio
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