14.6.24

Concerto 4 Maggio 2024 - Studio Foce - Lugano

Carissimi,

Abbiamo pensato di pubblicare l'audio del concerto del 4 maggio 2024.

Per chi c'era e vuole ripercorrere la serata. 

Per chi non c'era e vuole sentire come abbiamo suonato.


L'improvvisazione sul palco pone sempre delle grandi sfide. 

Noi ci abbiamo provato.

Talvolta si cade nell'essere troppo strutturati, altre volte si rischia di rimanere nel vago senza mai trovare un vero accordo sul momento. Altre ancora si riesce a ricreare la magia dell'improvvisazione, quella che ci conosce sa che avviene nel nostro laboratorio, e allora, e solo allora, siamo soddisfatti. Questa serata ci ha convinto. 

Spero che vi faccia piacere poterci ascoltarci ancora!

26.4.24

Ci ri-siamo

 Ci risiamo!


 

Come gli orsi che si ridestano a primavera. Ecco che i mesticanti provano timidamente a mettere la testa fuori dal loro comodo, caldo e rassicurante sottoscala.

 

I nostri amici degli Haara, che stanno preparando il loro nuovo album, ci hanno convinti ad aprire il loro concerto. Gliene siamo infinitamente grati.


Cari amici, vicini e lontani avete l'occasione unica di scoprire un gruppo davvero spumeggiante (Haara)!

 

... e naturalmente noi ci occupiamo di portare l'improvvisazione! Marmellate e distillati puri 100%: libero incontro musicale; istanti imprevedibili ed atmosfere estemporanee; inciampi d'errori ed orrori compresi. 

Per i più siamo ostici, ma se cercate musica sincera: eccoci qua. 


Vi aspettiamo per condividere atmosfere ed energia positiva! 


Lugano, Studio Foce, 4 maggio 2024, ore 22.

 



16.11.23

Suonala ancora... Alexa!

 

 

 

Per molto meno ci siamo indignati.

Per molto meno ci siamo arrabbiati.

Per molto meno siamo scesi in piazza.


Ci siamo velocemente abituati ad ascoltare Polemos dalla voce piena di rancore ed acredine. A vedere Ares sguainare la spada ed Eris passeggiare tra i campi insanguinati. Ora, migliaia di persone sono sradicate da casa, bombardate e sacrificate per un lembo di terra. E noi, fortunati, qui a pensare ai nostri piccoli dilemmi: il traffico che non scorre, la prossima vacanza, l'investimento per la vecchiaia.



Il futuro ci giudica, già ora.



E intanto chiediamo ad Alexa di scegliere una canzone per noi.

E intanto chiediamo a Siri di inventarne un’altra con la voce di John Lennon e l’accompagnamento del gruppo che ci racconti di come il mondo potrebbe essere bello, dei figli dei fiori, della pace e dell’amore.

E intanto abbiamo smesso di sognare.


Stiamo semplicemente rinunciando a scegliere il nostro presente e a prenderci cura del nostro futuro. Così in musica.

Ora, più che mai, è ovunque; ora, più che mai, è democratica; ora più che mai è divenuta insensata e insipida, la nostra cara musica. Ci vendono minestre riscaldate dall’intelligenza artificiale, oppure rovistano nelle soffitte polverose alla ricerca di freschezza e autenticità.


Eppure, potremmo essere protagonisti, almeno nelle piccole cose.

Eppure, la musica potrebbe essere catartica, partecipativa, collettiva, sociale.


Una marmellata di improvvisazione potrebbe essere un tonico energizzante per il grigiore dei tempi!


Se vuoi essere anche tu parte dell’orchestra del Titanic. Se pensi che un momento di bellezza valga più di ogni gesto di indignazione, sei il benvenuto!


Festeggiamo sonoramente!

Chiunque è benvenuto! 

 

 

Ps. Piccolo aggiornamento: È disponibile la registrazione dell'ultimo solstizio! Buon ascolto!

 


25.11.22

Silenzio!

Sono passati quasi tre anni dall’ultimo post. Tre anni costellati da eventi che hanno cambiato il nostro modo di pensare, di sentire e vivere. 


 

Tutto è iniziato con il silenzio ovattato del confinamento.

Eravamo quasi felici di aver goduto un tempo così. Inquinamento, rumori, traffico, lavoro, tutto era sospeso e in cambio c’era questo silenzio incredibile che forse è percepibile solo nei luoghi più remoti del mondo, o durante i mattini del natale o i pomeriggi di ferragosto. Certo, canto degli uccelli, rumore delle foglie, vociare delle persone, ma sopratutto il profondo silenzio raccolto e armonioso. Si è trattato solo di qualche breve settimana che ci ha lasciato ad una nuova routine, chi con poco o senza lavoro, chi con pochi o senza momenti sociali e culturali, chi con poca o senza allegria, chi con persone da piangere, chi con persone da ringraziare.

Ci siamo abituati alle contraddizioni più stridenti tra famiglia, lavoro e società. Un’atmosfera delirante che riusciva a trasformare paure e inquietudini in tensioni e rabbie viscerali. Mascherina, vaccino, disinfettante, isolamento, pagamenti non in contanti, e bombardamento di opinioni, notizie, annunci roboanti di cure, bollettini medici e economici, comunicazioni ufficiali.


Sembrava quasi che ci stessimo per preparare a salutare questa parentesi di follia collettiva, per tornare al nostro trantran. Ci stavamo preparando a festeggiare, a esultare gioiosamente. Nel nostro piccolo sognavamo l’ora in cui potessimo tornare a improvvisare in compagnia e celebrare la vicinanza come si deve.

Quando un nuovo rumore, non più quello della confusione virale, sociale e mediatica, ma un terribile cupo tambureggiare ha cominciato ad echeggiare. Come una vibrazione della terra, come un terribile presentimento, come il metallo battuto. I cingolati e i bombardamenti, i combattimenti ci hanno bloccati, forse non a caso, proprio lì nel momento della ripresa. Con la guerra e i suoi figli, le vittime, i rifugiati, gli ammutinamenti, le distruzioni, le sofferenze, è tornato il silenzio. L’impossibilità di dare un senso a qualcosa che ci trascina e ci riporta a scenari messi in soffitta nel secolo passato, “cortina di ferro”, “olocausto atomico”, “spionaggio e sabotaggio”, “traditori e eroi”. Il silenzio di chi è incredulo di fronte a tanta stupidità.


Ora siamo circondati da questo frastuono. Rancori coltivati negli anni e nei decenni tra i vari stati hanno portato di nuovo a litigare come se il mondo non fosse di tutti.

Così intenti a farsi del male per affermare chi è il più forte, il più ricco, il più intelligente non si riesce a sentire che il terreno su cui poggiamo si sta sgretolando e che forse alla fine del litigio non ci sarà più nulla da governare. Saremmo tutti in balia delle scelte che non sono state fatte oggi, o meglio ieri. La nostra astronave terra si sta rompendo e non c’è tempo per guerreggiare.


Sono passati tre anni, ma nonostante tutto, il piacere e la voglia di fare musica in modo diverso non è mai scemata, così siamo ancora una volta qui a interpellare voi!


Siete tutti invitati al gran sabba dell’improvvisazione! Accordiamoci con le cose e il mondo! Celebriamo la vicinanza! 

 

Facciamo silenzio!

13.12.19

Serie, saghe, identità e differenza. Jam del Solstizio!

Le serie numeriche ci hanno conquistato. Non esiste prodotto che abbia rilevanza culturale che non sia ripetibile indefinitivamente. 



Pensiamo alle saghe televisive. Non solo si succedono incessantemente di stagione in stagione, ma sono costruite in modo che non si esauriscano mai. Sono senza finali, senza una minima conclusione soddisfacente. Sembrano macchine i cui personaggi giocano le proprie caratteristiche indefinitivamente, senza mai svelarsi completamente. Solo la noia e la disaffezione ci salvano. Oggi è la noia del pubblico che costituisce la condanna a morte di un personaggio o di una serie. La differenza col passato? Le serie erano, generalmente, dei meccanismi che si replicavano inutilmente all'infinito, ma che di puntata in puntata si esaurivano completamente. Star Trek, Friends, bigbag theory, The Simpson, solo per citarne alcune, erano rassicuranti, si sapeva come sarebbero svolte, i soliti personaggi, le solite trame, nessuna evoluzione, se non per aggiornare il meccanismo narrativo. Poi all'inizio del duemila, ecco l'arrivo di un nuovo modo di pensare le serie, psicologicamente più capace di creare dipendenza. Le storie non sono rassicuranti e ripetitive, ma sembrano sempre in movimento lasciando lo spettatore incuriosito nella speranza di svelare qualche mistero che non verrà mai e poi mai risolto. Perché questa mancanza di soluzione è il segreto stesso della passione dello spettatore rispetto al legame che si costruisce con i personaggi e la storia. Lo spettatore è trattato come uno dei personaggi della serie, non sa tutto, gli sfugge sempre qualcosa che gli impedisce di "comprendere". I personaggi si svelano con lentezza, non sono propriamente imprevedibili, ma ne scopriamo man mano le ragioni, i moventi psicologici, la storia personale. Pian piano che la serie prosegue in realtà nulla cambia se non la nostra presunta conoscenza dei personaggi che quindi diventano più reali, più vicini a persone di cui facciamo conoscenza, sempre un po' alla volta, pian piano. "The lost" è forse la prima di questo genere. Ora ogni serie diviene una saga, potenzialmente, infinita. Uno sfondo, un universo, in cui lo spettatore si ritrova e di cui si nutre. Infinita o indefinita come le possibili variazioni che si propongono di quegli stessi universi, pensiamo a Star Wars, o alle storie degli eroi della Marvel. Come se queste storie non siano più dei racconti, ma dei mondi sterminati in cui attingere e che possono durare fintanto che gli spettatori non se ne siano nauseati. Questo è la nuova legge dello spettacolo: la dipendenza. Una dipendenza legata alla promessa di scoprire qualcosa di nuovo e definitivo.
Così come le serie anche i mezzi di mediazione relazionale che sono diventati gli smartphone, si propongono come un indefinita ripetizione dell’identico mancato. Anch’essi sono proposti come una infinita serie numerica che non indica altro che una promessa mancata. Il nuovo, non sostituisce il vecchio, ma lo rende obsoleto con la semplice nuova numerazione seriale. Cosa c’è nel nuovo che il vecchio non aveva? Nulla, solo la promessa di essere al passo con i tempi. Una promessa impossibile da mantenere anche in questo caso. Come le serie televisive, la tecnologia che ci circonda non porta nulla di nuovo, ma reitera la promessa di un futuro in cui non avremo bisogno d’altro. Un futuro in cui saremo, potremo, sapremo, ma che non vediamo mai realizzarsi veramente. Siamo cullati da questa passiva speranza. La gioia di conoscere è sempre rinviata, la speranza di essere sempre allontanata, barattata nel cullarsi dolce che qualcuno o qualcosa lo faccia per noi. Finché non ci annoiamo di aspettare o ci dimentichiamo perché abbiamo iniziato il viaggio. Una serie di per sé non può che essere infinita. Una trappola a cui siamo predisposti a cadere. Occorre rompere le serie, fare intervenire la differenza nella ripetizione, per liberarci da questa nuova schiavitù.
Il solstizio si avvicina e per uscire dalla passività e per realizzarsi realmente non ci resta che suonare ed improvvisare. Producendo attivamente, affermando chi siamo in ogni istante, come esercizio di disintossicazione dalla serie ripetitiva, l’improvvisazione è uno strumento per liberarsi dalla serialità. 

Dunque, non possiamo che invitarvi tutti al grande sabba dell’improvvisazione, celebrato per la sedicesima volta. Non una serie, ma un anniversario! Come sempre chiunque è benvenuto. Venerdì 20 dicembre dalle ore 18.