Il
futuro è ora!
Alpha zero
è capace di imparare qualunque gioco da zero conoscendone solo le
regole. In qualche giorno di computazione riesce ad elaborare le
migliori strategie pensate dall’uomo, costruite in millenni di
partite, e presentarne di innovative che forse solo in qualche altro
millenio avrebbero potuto vedere la luce. Alpha zero è in grado di
battere i migliori campioni imponendosi con un gioco mai visto. Alpha
zero è attualmente il migliore giocatore di scacchi, di shogi e di
go esistente.
Il gioco, il terreno
d’eccellenza della creatività umana, è ora il luogo dove la
potenza algoritmica regna incontrastata. Senza eccezioni.
Impietosamente. Non è un lontano futuro fantascientifico. Il futuro
è ora: 2019.
Ironicamente, si potrebbe notare un certo ritardo
rispetto al quanto immaginato quaranta anni fa da A. Clarke e S. Kubrik.
Deepmind e
tutti i suoi simili dimostrano che il nostro futuro non è più nelle
nostre mani, ma siamo in balia di un intelligenza che ci supera di
gran lunga. Abituati ad attribuire ai risultati oggettivi della
scienza la guida delle nostre vite, ora stiamo
attribuiendo ad altri il compito di fare ricerca e
dunque di definire ciò che è giusto e sbagliato. La scoperta
scientifica stessa, le invenzioni sono in mano all’intelligenza
algoritmica, che oggi chiamiamo IA. In tutta la sua storia,
l’uomo ha immaginato e costruito mezzi per supplire le proprie
inefficenze. Il fuoco al posto dell’intestino, la
spada al posto del pugno, la ruota al posto delle gambe, le lenti al
posto degli occhi. Ora abbiamo trovato un mezzo per supplire il
nostra stessa intelligenza. Ci siamo scoperti stupidi, o meglio
bisognosi di un aiuto e stiamo trovando i mezzi per potenziare ci che
abbiamo di natura. Vorrei lasciare ad altri il dibattito profetico
intorno al pericolo per l’uomo di divenire superfluo.
Trovo, però, che sia ironico che dopo solo pochi secoli dalla caduta
dell’idea che un intelligenza superiore ci determini, ora abbiamo
trovato un intelligenza superiore a cui affidarci. Ironico perché
forse un giorno, interrogando il divino algoritmo sui problemi delproblemi, scopriremo che
l’unico problema dell’universo risiede in chi li crea, in chi
perturba l’andamento dell’universo stesso: l’uomo. Da cui si
potrebbe prendere una decisione inevitabile: per risolvere il
problema dell’universo basta eliminare il disturbatore, sopprimere
l’uomo.
Viviamo i tempi che
verranno ricordati come il grande oblio.
Pensiamoci se il
terreno del gioco, della guerra, e della soppravivenza non sono più
giocati dall’uomo, allora la creatività stessa è qualcosa a cui possiamo
rinunciare.
La rivoluzione è
già in corso da anni, ma forse ora comincieremo a vederne i primi
effetti.
Proviamo ad
avvicinarci al tema che ci sta più a cuore: la musica. Molte volte
abbiamo osservato come il nostro rapporto con la musica sta
cambiando. Non ricordo dove ho letto che D. Bowie sostenesse che la
musica stia diventando come l’acqua corrente, ma mi approprio di
questa immagine. Come l’acqua dal rubinetto è sempre disponibile, così la musica è sempre
disponibile. Certo solo per noi
ricchi opulenti. Non ha più importanza cosa si ascolta, cosa si beve. Se
sia sete di musica è sufficiente aprire il rubinetto telematico. Si
propone un idea di musica come stabilizzatore dell’umore, come
farmaco psichico, dopaminico.
Questo, però, è
oramai acquisito, è il passato. Il futuro è qui, abbiamo scritto.
Qual è il futuro-presente della musica? Come Alphazero per i giochi,
anche qui abbiamo delle quasi-divinità algoritmiche. Magenta,
Aiva, Amper, Flow Machine, Jukedeck, Melomics, Popgun sono i nomi delle nuove muse musicali. Sono nomi di
algoritmi capaci di “scrivere” brani musicali senza l’intervento
di un autore. Ovviamente ogni singolo programma ha le sue peculiarità
e specialità, ma in fondo l’idea è comune a tutti. Un algoritmo
capace partendo da delle istruzioni generiche come tipologia di
emozione, strumentazione, complessità di orchestrazione, progettare
dei brani, diciamo belli. Per chi non sa di cosa sto parlando vi
invito ad ascoltare questi brani generati da un IA. “Ci facciamo
carico del peso della creatività”, “avete bisogno di musica per
il vostro film e non avete voglia di avere a che fare con un autore?
Ci pensiamo noi”, “Hai un idea musicale e vorresti farne una
canzone? Ci pensa humtap per voi, scarica l’app!”. Musica secondo i
tuoi gusti senza pagare i diritti d’autore, fantastico! Volete una
nuova canzone dei beatles? Detto, fatto!
Il futuro è ora. Le
vecchie case discografiche sono morte e sepolte. Ora contano solo i
distributori automatici di esperienze musicali. L’ormai vecchio
spotify, già pensa ad un presente in cui l’autore e l’idea non
contano più nulla, superati, come nelle partite a scacchi, da un
algoritmo in grado di rispondere ai bisogni dell’utenza. Sony
che detiene uno dei cataloghi musicali più ampi al mondo è
all’avanguardia nella ricerca e nella produzione di musica
artificiale.
Questa rivoluzione
industriale dove il “capitale” creativo viene sostituito dai
processi algoritmici, avrà come vittima l’arte. L’ultima
frontiera. Studiare, imparare “musica” non avrà scopo, non avrà
più, neanche, la spinta e la motivazione del successo. Già i nuovi
brani artificiali si confonderanno con i residui di un passato che
non potrà più tornare. Dove potremo vedere mistero e fascino in
composizioni, nella musica stessa, se oramai ogni cosa è banalmente
corrente?
Il passaggio
dell’uomo sotto la divinità algoritmica è solo questione di
tempo, ma è già avvenuto. Non si dovrà più attendere il contatto
con la musa, con il momento giusto per comporre, scrivere, dipingere. Ogni cosa è
già pronta e fatta. Se dovessimo considerare la musica con lo scopo
di proporre qualcosa di bello, di piacevole, di decorativo, allora
l’uomo è divenuto obsoleto. Non è più indispensabile. Rimane un
solo residuo, il bisogno e il piacere di farsi coccolare dai suoni.
Non più produttori, ma consumatori, intestini musicali.
Così la musica non
unisce più, non è più forza che canalizza le forze poetiche,
sociali, politiche. Solo sterile miele che nulla cambia. Musica
dell’isolamento, della distanza e degli uomini. Così la
musica perde il suo valore storico di veicolare la forza dirompente
latente in ognuno di noi. Perché ricordiamolo è più figlia di
Dioniso che Apollo. È sfrenata.
Oggi, è una melanconica
constatazione forse, non c’è più quella forza che attraversava il
movimento contestatario e alternativo che cambiò il mondo
occidentale negli anni 60….
Anni fa, una cara
amica mi chiedeva cosa facessimo noi di Mestica Artigianale, che
scopo avessimo nel suonare senza mai giungere da nessuna parte, senza
mai fare un concerto, senza proporre brani musicali. Senza mettersi
in scena. Sembrava un’accusa. Voi che perdete tempo, voi che
giocate senza scopo, voi che non andate da nessuna parte. Non riuscii
a far comprendere la profondità di questo lavoro. La sua necessità.
Eppure ci riprovo.
Ancora più oggi, nel futuro-presente, non ha più senso pensare di
giocare al grande spettacolo della musica. Non ha senso pensare di
creare musica per il pubblico. Pubblico oramai distante e annoiato
dalla sfida proposta dalla musica stessa.
Eppure, si può percorrere il senso ancestrale della music a stessa: rituale
tribale dell'unione degli uomini.
Mestica Artigianale
ha sempre voluto essere un momento, un luogo in cui le persone si
potessero incontrare nel linguaggio musicale e celebrare la loro
presenza. La musica ha significato non per il suo risultato. Il
risultato è computazionabile, è prevedibile. Il senso è il
movimento che permette il gioco. Il senso del gioco non è saper
muovere alla vittoria in ogni occasione. Il senso del gioco è
giocare. Perdere del tempo, divertirsi imparando. Se un algoritmo
potesse divertirsi e gioire del gioco, potrei pensare di poter
giocare con lui anche musicalmente.
Ci stiamo
dimenticando il senso del gioco permesso dalla creatività, dare
senso alle nostre vite. Non abbiamo bisogno che qualcuno ci proponga
un senso.
Spero sia intuibile,
questa riflessione non è apologia di un mondo senza macchine, ma una
rivendicazione del diritto di autodeterminazione delle proprie vite.
Uno spunto di riflessione, non una presa di posizione.
Anche tu, che hai
voglia di essere, vieni il 16 dicembre al laboratorio Mestica
Artigianale per abbattere i nuovi dei.
Vi aspettiamo tutti! E chissà se avrete voglia di discuterne, allegramente... s'intende!
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